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ADAN: costruire un futuro solidale dall’inclusione alla riabilitazione

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«Il nostro maggiore impatto, secondo me, al di là dei singoli progetti che sicuramente aiutano categorie fragili di persone, è quello di provare a costruire un modello diverso di economia e società». Giovanni Ferrarese comicia così il racconto di ADAN, la cooperativa sociale potentina di cui è rappresentante legale. 

Adan nasce come spin off dell’associazione Cestrim che, sul territorio, ha più di venticinque anni di storia. La cooperativa sociale ne ha acquisito parte dei progetti, consentendo così di poterli attuare attraverso l’assunzione di personale dedicato. 

Ricercatore del CNR sui temi di caporalato e sfruttamento bracciantile, sul suo territorio, attraverso la cooperativa, Giovanni interviene sugli stessi fenomeni. Le attività messe in campo da Adan derivano da un lavoro di profonda osservazione e ricerca sul territorio, spiega Giovanni, che fa un esempio pratico di come questo accada: «Da tempo – racconta – gestiamo un progetto regionale finanziato dal dipartimento pari opportunità: un numero verde per persone straniere vittime di sfruttamento sessuale e\o tratta. Sempre più frequentemente, però, siamo stati contattati anche da vittime di violenza domestica». I soci della cooperativa si sono interrogati per dare una risposta al fenomeno e a chi, con un importante atto di coraggio, ha deciso di denunciarlo, e al momento stanno lavorando a uno servizio specifico dedicato alle vittime di violenza domestica. 

«Qualcosa di simile è accaduto anche per i percorsi di accompagnamento per uomini maltrattanti», spiega Giovanni. «Diverse Questure e Tribunali ci hanno chiesto di strutturare percorsi di sostegno psicologico e riabilitazione. Non era qualcosa per cui eravamo attrezzati ma abbiamo lavorato per esserlo: abbiamo approfondito il punto di vista legislativo e le buone pratiche esistenti altrove». Da questo lavoro di ricerca, grazie al sostegno della Tavola Valdese, è nato il primo sportello che, in Basilicata, si occupa della riabilitazione di uomini che hanno commesso violenze. «Agiamo su un piano che non riguarda le violenze gravi ma i casi episodici – continua Giovanni. Il criterio essenziale per poter partecipare è la piena consapevolezza di quello che si è commesso e la volontà di farsi accompagnare in un percorso che garantisca che non si ripeta».

Sempre attraverso un finanziamento della Tavola Valdese, la cooperativa ha dato vita a un progetto di inserimento occupazione per donne vittime di violenza. Nel 60% dei casi, mi spiega Giovanni, la dipendenza economica da mariti o compagni pone le donne in condizioni di ricattabilità e impedisce loro di emanciparsi da relazioni violente

In questo momento sono già in corso i primi sette percorsi di accompagnamento, alcuni dei quali si svolgeranno proprio in cooperativa, con un nuovo ambito di attività, da poco aperto. 

«Abbiamo rilevato un laboratorio per la trasformazione di piante aromatiche, una struttura pubblica abbandonata da diversi anni. In quei locali attiveremo un laboratorio con cui, insieme a diverse realtà agricole del territorio, realizzeremo prodotti come tisane ed erbe aromatiche, e li distribuiremo tramite una serie di esercenti locali».

Le attività di Adan sono ancora tante e diverse. «Una cosa che però proprio non facciamo, specifica Giovanni, è la classica accoglienza per persone migranti. La nostra – spiega – è una scelta politica: non ne condividiamo le modalità. Abbiamo invece deciso di sperimentarci nell’ambito della lotta al caporalato». Uno degli strumenti di cui la cooperativa si è dotata è un progetto, in essere dal 2022, che si chiama Più Supreme e consiste in un budget di integrazione: una cifra (fino a un massimo di 14.000 euro) erogata in servizi a persone migranti che sono a rischio di sfruttamento e tratta. «è uno strumento di prevenzione con il quale accompagniamo le persone in diversi percorsi di formazione, per garantire loro prospettive occupazionali dignitose, oppure verso l’autonomia abitativa, ma ci sono anche supporti legali e sanitari. La cosa importante è che questo strumento è una misura concreta per impedire alle persone in difficoltà di cadere nelle maglie dello sfruttamento».

La sperimentazione tutt’ora in corso, racconta Giovanni, conta diversi casi di successo

Sempre alla prevenzione delle situazioni di sfruttamento è dedicato il progetto Together, che prevede percorsi di formazione sui diritti dei lavoratori destinati alle persone migranti. Le attività, realizzate in collaborazione con INPS, INAIL e CGIL, prevedono l’erogazione di momenti formativi su questioni ordinarie come la lettura di una busta paga, e a partire da questi una presa in carico delle persone per indirizzarle verso gli enti o i gruppi in grado di rispondere alle loro esigenze. Se, ad esempio, si rileva una persona a rischio sfruttamento nel proprio ambito lavorativo, il momento di formazione sarà un’occasione per avvicinarla e indirizzarla al sindacato o all’ispettorato, a seconda delle situazioni. 

Parte delle attività della cooperativa è dedicata all’integrazione delle persone con disabilità mentale medio-grave, con un centro diurno nel quale si pratica agricoltura sociale. L’ultimo step di questo percorso è stato l’acquisto di un mulino, che ha consentito l’inserimento lavorativo di una delle persone che frequentano il centro. Altre due persone, racconta, sono state inserite al front office del Comune di Brienza. 

Ultimamente, racconta Giovanni, Adan è impegnata ad abbattere un altro tabù: quello della sessualità per persone con disabilità. «Insieme all’ambito lavorativo – spiega – è uno dei fattori di maggiore esclusione su cui vogliamo intervenire».

Anche i più piccoli beneficiano delle attività di Adan, che ogni anno organizza campi estivi per bambini e che ha all’attivo diversi percorsi didattici e divulgativi, come quello nell’area faunistica che gestisce nel cuore del Parco del Pollino: qui dimora il cervo nobile, la cui popolazione è stata recuperata negli ultimi anni grazie alla creazione della riserva. 

«Il nostro impatto primario è naturalmente quello legato a tratta e caporalato: siamo un punto di riferimento per le istituzioni ma anche per il lavoro di informazione e divulgazione, dalle scuole alla stampa. Ci sono però anche un’altra serie di impatti diretti, magari meno visibili, del nostro lavoro». Il primo di cui Giovanni mi parla è quello occupazionale: tutte le persone che lavorano ad Adan sono assunte a tempo indeterminato. In una regione ad altissimi livelli di spopolamento, la cooperativa dà diverse opportunità occupazionali a persone con una formazione elevata, che magari avrebbero dovuto accontentarsi di altro, mortificando la propria formazione, oppure andare via. «E poi – continua Giovanni – noi siamo un punto di rifermento per le marginalità. I nostri utili, visto che siamo una cooperativa, devono essere reinvestiti in attività che abbiano un valore sociale. Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo scelto di regalare una vacanza ai ragazzini di Bucaletto, un quartiere di Potenza a forte marginalità sociale. Questi ragazzini non sapevano nemmeno cosa fosse una vacanza estiva, e siamo riusciti a fargli godere quattro giorni sul Pollino. L’iniziativa è stata un successo tale che probabilmente la ripeteremo anche quest’anno». 

Tra gli impatti annoverati, Giovanni sottolinea anche quelli ambientali: «Per noi è tutto collegato, vogliamo costruire una filiera vera e propria in cui garantire prodotti biologici sfuggendo alla trappola di chi vuole imporvi prezzi esorbitanti. Il laboratorio di trasformazione di erbe aromatiche, ad esempio, è gestito in collaborazione con aziende e cooperative agricole che hanno una particolare attenzione all’ambiente. Una di queste cooperative coltiva terreni sopra i 1.200 metri e senza l’utilizzo di acqua», racconta. 

«Banca Etica è stata essenziale per tutte le nostre attività. Noi lavoriamo per progetti, spesso e volentieri gli enti erogano i finanziamenti dopo aver ricevuto la rendicontazione delle spese. In molti casi, senza gli anticipi di Banca Etica, non avremmo potuto svolgere le attività. L’esempio più calzante è quello del nostro primo progetto antitratta, per il quale l’stituto ci ha anticipato i 560.000 euro necessari. La prima tranche del finanziamento istituzionale è arrivata solo otto mesi dopo la fine delle attività». Il rapporto con l’istituto consente alla cooperativa di avere i conti in ordine e pagare regolarmente gli stipendi, senza lasciare indietro nessuno dei soci. 

Anche questo è un aspetto fondamentale. «La nostra cooperativa ha una visione politica ben radicata. Noi abbiamo un’idea chiara di come dovrebbe essere la società: proviamo a costruirla ogni giorno, con le nostre attività, operando nella direzione tracciata da quell’idea. Tutto quello che facciamo è costruire pezzetti piccolissimi, minuscoli, della società che ci piacerebbe avere».

Anche Teresa Pertosa, referente Banca Etica per il progetto, condivide questa idea: «Adan, così come Cestrim, è una bella realtà. Ci piace pensare che è il classico esempio di come il denaro, da strumento di potere, conflitti, sopraffazioni e violenze, possa diventare uno strumento per una integrale promozione umana».

Foto di Hannah Busing su Unsplash